La parola
bonding deriva dal verbo inglese to bond che vuol
dire “legare”, per indicare il rapporto esclusivo che ogni
futura mamma può instaurare con il proprio bambino, condividendo
tale esperienza con il partner.
Il bonding si
presenta come una strategia sociale inseribile nel contesto
della nascita dolce, che alcune strutture sanitarie offrono
alle donne che partoriscono.
In tali edifici
vengono allestite delle camere matrimoniali che permettono al
compagno di pernottare, offrendo un continuum alla vita di
coppia.
Nel bonding la
coppia entra in relazione con il futuro nascituro durante i nove
mesi della gravidanza. Oggi è scientificamente provato che il
feto reagisce agli stimoli esterni, in particolare ai messaggi
tattili e sonori, ed è possibile instaurare una relazione, che nel
bonding coinvolge anche il padre, in un rapporto a tre che si
promuove anche durante il momento della nascita. Difatti la
permanenza del padre continua anche dopo la nascita, sino al ritorno
a casa.
Il bonding fa
parte della pratica del parto naturale, in una visione
olistica nella quale l’aspetto sociale della famiglia assume una
valenza prioritaria. Per realizzare a pieno l’interazione sociale,
il partner condivide con la futura mamma degli esercizi psicofisici,
basati su tecniche respiratorie, di contatto fisico e di
visualizzazione.
Tale approccio
migliora la relazione di coppia e favorisce lo sviluppo del bambino.

Per saperne di più:
A.N.P.E.P., Associazione Nazionale
di Psicologia e di Educazione Prenatale, Susegana (TV), www.anpep.it


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