La fototerapia,
quale tecnica recentemente acquisita nell’ambito delle medicine
complementari, trae le sue origini dalla
cromoterapia, o
meglio dall’elioterapia, ovvero dalla cura dell’esposizione
del corpo alla luce solare.
Recenti studi
hanno dimostrato come vi sia una relazione tra le funzioni del corpo
umano e il tipo di fonte luminosa.
Questi aspetti scientifici
trovano nella teoria dei colori di Goethe la giusta
collocazione. Secondo il grande poeta e filosofo tedesco il colore è
figlio più del buio che della luce. La dicotomia luce e assenza di
luce, attraverso il loro intermedio che è l’ombra, permette di
valutare e utilizzare la sensazione cromatica.
Oggi si conosce
l’importanza degli effetti della luce sugli organismi viventi quali
la fotoperiodicità epifisaria e ipofisaria, la regolazione della
produzione di vitamina D (calciferolo), le variazioni del sistema
nervoso in relazione alla fonte luminosa radiante e le variazioni
elettive fisiologiche, come ad esempio l’aumento della pressione
arteriosa, della conduzione elettrica cutanea, della frequenza
respiratoria e del tono muscolare, sottoponendo un individuo ad una
fonte di luce della frequenza di 700 nm, corrispondente visivamente
al colore rosso.
Ufficialmente la
fototerapia nasce negli anni Cinquanta, quando per puro caso si
scoprì che la bilirubina in provetta (un pigmento biliare che si
sintetizza nel corso del catabolismo dell’emoglobina) sottoposta ad
una fonte luminosa di luce blu dello spettro solare compresa tra 450
e 460 nm, si disgregava. Da allora l’ iperbilirubinemia neonatale
viene trattata tramite la fototerapia, sottoponendo il neonato
denudato ad una luce blu che catabolizza il pigmento in questione.
Il modello della
fisica al quale si rifà la fototerapia è quello della “sintesi
additiva” delle frequenze elettromagnetiche. Modello nel quale i
tre colori primari sono il rosso, il verde ed il
blu che nelle loro sovrapposizioni formano il giallo, il
cyano e il magenta e la luce bianca
quando tutti e tre i “colori” principali si sovrappongono.

Applicazioni
Oggi la ricerca
dell’azione delle luci monocromatiche sull’organismo umano è solo
agli inizi; un campo interessante nel quale la fototerapia trova le
sue applicazioni è quello delle malattie dermatologiche. La
vitiligine può essere debellata ricorrendo alla
microfototerapia impiegante una luce UVB: questa nuova tecnica
fototerapica, si basa sull’utilizzo di un raggio di luce,
puntiforme, ad alta definizione fotoenergetica, messo a punto dalla
Ratokderm. Questo trattamento stimola i melanociti presenti nelle
chiazze bianche a riprendere le loro funzioni. Anche nella cura
della psoriasi si ricorre come adiuvante ai trattamenti di
base all’uso della fototerapia con luce UVB.
Negli Stati Uniti
è allo studio una terapia per la cura del cancro basata sulla
fototerapia a luce rossa. Nel suo aspetto essenziale la metodica
consiste nel marcare le cellule cancerogene con un colorante
ricavato dall’emoglobina. Tale colorante rimane presente più a lungo
nelle cellule cancerogene che in quelle sane, permettendo
successivamente, grazie ad una esposizione fototerapica, di
sopprimere le cellule cancerose.
Un’altra
interessante terapia che si riallaccia alla fototerapia è quella
della cronobiologia. Gli squilibri causati dalle
variazioni circadiane e stagionali con influenza ad esempio
sulla produzione epifisaria di melatonina, vengono trattati con
l’esposizione ad alta intensità luminosa artificiale per il tempo
dovuto, per sincronizzare l’individuo con le variazioni luminose
ambientali. La sintomatologia delle persone affette dalla sindrome
causata da squilibri cronobiologici (siglata SAD) comprende
le forme ansiose con conseguenti casi di obesità, astenia,
depressione, sonnolenza, difficoltà di concentrazione.
La fototerapia ha
trovato una applicazione anche nell’ambito della pratica dell’agopuntura
cinese, con il termine di cromopuntura, che utilizza
l’irradiazione luminosa su specifici punti energetici, mediante i
colori. La cromopuntura è stata messa a punto da Peter
Mandel con il ricorso a luci puntiformi monocromatiche. Oggi
recenti studi sugli effetti chimico-fisici della fototerapia hanno
dimostrato l’influenza delle radiazioni luminose sul circolo di
Krebs. Gli studi della T.J. Karu, ricercatrice sovietica, hanno
stabilito che il DNA possiede un picco di assorbimento per le
lunghezze d’onda pari a 623 nm, ipotizzando che gli effetti della
fototerapia monocromatica (laserterapia) siano da imputare
principalmente all’azione della monocromaticità del laser, ovvero al
suo colore.
 
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