Per medicina
ambientale si intende una branca delle medicina ufficiale nella
quale si interviene trattando le patologie e agendo preventivamente
su base ambientale.
Sono numerosi i
dati che imputano all’ambiente il principale fattore di rischio di
molte malattie; ad esempio quelle causate dalla sensibilità alle
sostanze chimiche (siglata MCS, indicando la sensibilità a
sostanze chimiche multiple).
L’impatto
dell’uomo sulla natura è, oggi più che mai, altamente invasivo.
L’uomo è in grado di modificare l’ambiente in maniera drastica e
duratura, ricorrendo ai sofisticati mezzi tecnologici che la scienza
ha ideato.
L’eccesso di
scarichi industriali, il ricorso a concimi e pesticidi chimici,
inquinano l’atmosfera.
Il
disboscamento, l’effetto serra delle metropoli, e altri
mille fattori sono tra le principali cause delle malattie dell’uomo.
Le sostanze
inquinanti intervengono negativamente sulle varie funzioni
dell’organismo umano, quali quelle del sistema immunitario,
endocrino e nervoso, per non parlare dell’apparato cardiovascolare e
respiratorio.
Anche
l’alimentazione è portatrice di sostanze dannose al nostro corpo.
La medicina
ambientale cerca proprio nell’ambiente le soluzioni migliori per
prevenire e curare.
Si attuano
protocolli d’intervento miranti a risolvere le molteplici concause
dei malesseri; con la revisione dello stile di vita, a partire da
un’alimentazione sana e naturale, ad un vivere calmi e rilassati,
così come l’importanza di trascorrere il tempo immersi nella natura.
Uno dei padri
della medicina ambientale è il medico statunitense William J. Rea,
fondatore del Centro di Medicina Ambientale di Dallas, che dal 1988
è titolare della prima Cattedra di Medicina Ambientale al Robens
Institute of Toxicology dell’Università del Surrey a Guildford, in
Gran Bretagna.
Nella medicina
ambientale l’uomo e l’ambiente sono strettamente correlati, e la
salvaguardia del territorio entra a far parte del trattamento
terapeutico – medico; la prevenzione inizia con la valutazione
dell’impatto ambientale e la riqualificazione delle condizioni di
vita.
La medicina
ambientale viene anche chiamata “ecologia clinica”, e mira
principalmente ad isolare le sostanze tossiche e a stabilire test
diagnostici, che comproverebbero i danni alla salute causati
dall’inquinamento ambientale, e dalle procedure di lavorazione dei
prodotti, compresa l’agricoltura intensiva, e l’allevamento in
batteria con l’uso di mangime arricchito con farmaci.
I primi concetti
della medicina ambientale si svilupparono negli anni Venti, proprio
in relazione ai processi di industrializzazione.
Un vero
detonatore, a tal proposito, viene considerato il testo Silent
Spring (Primavera Silenziosa), del 1962, scritto dalla biologa
statunitense Rachel Carson, che denunciava i danni alla salute
causati dall’uso sconsiderato degli insetticidi.
La medicina
ambientale è insegnata presso le facoltà universitarie, nei
dipartimenti di medicina ambientale e sanità pubblica; il dottorato
forma dei ricercatori esperti nelle interazioni tra salute e
ambiente; le tematiche considerate sono, in particolare, quelle
dell’inquinamento chimico e fisico dell’ambiente, l’igiene e
l’intervento a carico delle malattie da ambiente, ma anche la
fisiopatologia della nutrizione e l’aspetto qualitativo dei prodotti
alimentari e delle materie prime.
Particolare
attenzione viene portata sui danni da inquinamento urbano e sui
calcoli dell’incidenza delle malattie e morti; ma anche sugli stili
di vita, sull’alimentazione, sui danni da tossicodipendenza e sulla
sicurezza negli ambienti di lavoro.

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