Per medicina
monastica si intende l’insieme delle svariate pratiche terapeutiche
che nel tempo sono state svolte nei monasteri.
L’origine del
monachesimo è rintracciabile
nell’ascetismo degli Esseri, una comunità ebraica
presente tra il II secolo a.C. e il II secolo d.C., stanziata sulle
rive del Mar Morto.
Tale zona
geografica vide il prolificare degli eremiti chiamati “terapeuti” e,
in seguito, degli eremiti cristiani.
In Italia San
Benedetto da Norcia (480 ca. - 547 ca.) viene considerato il
padre del monachesimo occidentale, quale fondatore dell’Ordine dei
Benedettini, la cui opera era rivolta, anche, al soccorso dei
bisognosi.
La medicina
monastica si fonda sulla speranza che la misericordia divina possa
portare alla guarigione, grazie al ricorso alla preghiera.
I medicamenti
venivano approntati all’interno dei monasteri e prevaleva il ricorso
alle piante medicinali, coltivate direttamente dai monaci,
ovvero nell’orto
dei semplici.
Nacque così la
figura di un esperto nel settore della cura, chiamato nel tempo “monachus
infirmarius”, al quale era affidato l’armarium pigmentariorum.
Scrive V.
Giacomini (Le farmacie monastiche, in AA. VV., I monti
d’Italia, Eni 1974): “Il monachesimo d’occidente aveva accolto
tra i suoi compiti la coltivazione dei “semplici” (erbe medicinali)
negli “ortuli” conventuali. E’ significativo che uno dei primi
monasteri fondati da San Benedetto fosse dedicato a due santi
medici, Cosma e Damiano. Nella Regola di S. Benedetto era scritto:
La cura degli infermi sia avanti tutto e sopra tutto…
Ogni monastero
disponeva di una piccola farmacia […] di cui aveva cura un monaco
infermiere […] e ciò non solo per la salute della comunità ma per i
pellegrini e per i poveri. Ben presto, anzi, accadde che il monaco
infermiere dovette uscire a soccorrere gli ammalati. Si dovettero
così istruire sempre più monaci. Sorsero le antiche scuole cenobiche
(di medicina).”
La cura era
rivolta sia ai monaci malati che ai pellegrini e ai bisognosi che
chiedevano assistenza.
Particolare
rilievo ebbero le orsoline, Ordine di Sant’Orsola, fondato in
Italia da Sant’Angela Merici (1474-1540), impegnata
nell’assistenza dei malati; l’Ordine si diffuse in Francia ed in
America settentrionale nel XVIII secolo.
Altro affermato
ordine monastico fu quello dell’Ordine ospitaliero dei
Cavalieri d’Altopascio, che iniziò a operare ad Altopascio,
paese toscano in provincia di Lucca divenuto famoso per l’ospedale
in cui i viaggiatori che percorrevano la via Romea
ottenevano soccorso.
Lo stile di vita
cenobitico (comunitario, dal greco Koiné Bios, vita comune,
designa i monaci che vivono in isolamento non eremitico e
che si radunano per pregare e per l'eucaristia) che vigeva all’interno dei monasteri
obbligava all’autosufficienza, sia alimentare che sanitaria.
Il principio
assistenziale ed il nesso povertà-malattia contribuivano alla forma
di una medicina monastica, dalla quale ci sono state tramandate
interessanti insegnamenti e pratiche terapeutiche; a tal proposito
basta menzionare la medicina di Santa Ildegarda (1098-1179)
e, per quanto concerne l’aspetto assistenziale, il ruolo di San
Francesco d’Assisi e di Santa Chiara:
riferimenti nei
quali lo stato di salute risulta inseparabile dall’approccio
religioso.

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