Con terapia
marziale si intende la cura tramite il ferro.
Tale terapia viene
considerata tradizionale, tanto da farla risalire ad ancor prima
dell’era del ferro, quando si usava il ferro meteorico, ovvero
quello delle meteoriti, che oltre a caratterizzarsi per l’alto
tenore di ferro, venivano rivestite di particolare sacralità essendo
“pietre cadute dal cielo”.
Nell’area
mediterranea si rintracciano ricette a base d’assunzione di ferro in
Dioscoride (36 a.C. – 54 d.C.) per curare la dissenteria e le
malattie della milza.
L’uso più
frequente era quello di utilizzare la ruggine (ossido di ferro) che
si formava sugli utensili in ferro; questa veniva utilizzata per
uso esterno, incorporata in pomate ed unguenti sulle pustole e
per la scabbia.
Per uso interno
era diffusa la pratica che permetteva di ottenere “l’acqua
ferruginosa”, immergendo nell’acqua una lama di ferro rovente, altre
volte veniva immersa nel vino o nel latte; la bevanda così ottenuta
veniva prescritta agli anemici, per le malattie della milza e per
curare alcuni tumori.
Paracelso
(1493 – 1541) ricorreva al trattamento marziale per curare le ulcere
sanguinanti e l’amenorrea causata da anemia.
Oggi sappiamo
quanto sia importante la presenza di questo oligoelemento
nell’organismo umano, e sembra che l’acqua ferruginosa, così come
veniva preparata nei tempi antichi, permetta un ottimo assorbimento
del ferro dal parte della mucosa intestinale. D’altronde ancora oggi
la medicina popolare interviene nelle malattie da carenza
marziale, consigliando di mangiare una mela al giorno, nella quale
sono stati lasciati infissi dei chiodi, tanto che la polpa
della mela si colorerà di marrone, ad indicare la presenza
dell’ossido di ferro.

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